Mc 14, 32-42 Brindare dal calice amaro

 Il Vangelo di Marco

Il cammino del discepolo

Brindare dal calice amaro Mc 14, 32-42

 Terminata la cena della Pasqua, Gesù e discepoli si recano in un luogo molto particolare a Gerusalemme, il podere dei Getsemani, alla base del Monte degli ulivi. Questo luogo, letteralmente il frantoio dell'olio, era probabilmente il luogo adibito alla produzione dell'olio ed era situato proprio sotto il colle che prede il nome dalla presenza di questa pianta sulle sue pendici. Tra Gerusalemme e questa altura si trova la valle del fiume Cedron, un passaggio molto noto nelle scritture che nell'antichità doveva essere molto profondo, visto che il nome stesso significa "oscuro". Tale monte ha un significato molto importane nella bibbia. Dapprima, nel libro di Samuele (2 Sam 15,30) è il monte devo il re David si rifugia in preghiera quando il figlio Assalonne tenta un colpo di stato a Gerusalemme, nel libro del profeta Zaccaria è detto il luogo in cui Dio farà la sua comparsa e instaurerà il regno di Dio (Zac 14). Il monte fu anche usato dai romani come avamposto militare per l'assedio a Gerusalemme del 70 d. C. che porterà alla distruzione del tempio. La location in cui Gesù e discepoli si ritirano fa quindi tornare alla mente un luogo decisivo per le sorti di Gerusalemme e un rifugio davanti all'assedio dei nemici. Il nazareno si ritira perché sente vicina la propria fine. Probabilmente aveva già intenzione di salire in quel luogo, forse era un posto in cui spesso si ritirava preghiera con i discepoli. Giuda valuterà questo momento come propizio per consegnare il maestro nelle mani dei suoi nemici. 

Il clima diventa pesante, le tenebre ormai sopraggiungono e tutto trova il suo compimento. Gesù avverte questo peso, Marco ce lo descrive bene, sofferente con l'anima lacerata e pesante, l'angoscia cresce in lui che percepisce l'arrivo della fine. Incredibile pensare che i Vangeli descrivano così Gesù, il Cristo, Dio stesso. Ci si potrebbe chiedere, in termini teologici, quale fosse la consapevolezza di Gesù di fronte alla sua divinità ma non è certo l'interesse dell'autore, che invece punta a sottolineare il lato radicalmente umano di Gesù. Tutto richiama la preghiera e le lamentazioni del giusto sofferente (Salmi 22-42-43-75) e il destino di chi dovrà soffrire, rappresentato nella figura del calice (Is 51,17; Ger 25,15-16; Ez 23,33), lo stesso che durante la cena ha offerto come suo stesso sangue ai discepoli. Una coppa amara da cui bere, che Gesù chiede di poter allontanare da sé. Chi, conscio di dover morire, realizzando che quella è la via necessaria, la affronterebbe con serenità? Nel comportamento di Gesù sembra non esserci certezza, sembra quasi che la resurrezione non sia così scontata. Gesù sente che il Padre ha una volontà precisa che passa per la morte e il sacrificio.  Più volte mi sono interrogato su questo punto, così scandaloso: Dio fa morire il figlio, lo pone di fronte ad un destino crudele e senza alternativa. Gesù, anche se spaventato a morte, accetta questa volontà.

"Abba! Padre. Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu"

Dio può salvare Gesù, può evitare questa via così contorta e tragica, ma non sarà così. Nel terribile smarrimento Gesù si contorna dei suoi fedeli discepoli, in primis Giacomo, Giovanni e Pietro che sempre lo hanno seguito, lo hanno visto trasfigurato nella sua gloria, hanno apprezzato i prodigi di cui è capace. In questo momento così buio, Gesù li richiama in preghiera e alla veglia, ma non riescono a resistere. Sono assonnati, i loro occhi si chiudono, sono pesanti. Inizia questo frenetico vai e vieni di Gesù che prega disperato e invoca il Padre, poi torna dai discepoli ma questi dormono, poi di nuovo prega e ancora torna a constatare la debolezza dei suoi compagni. Per ben tre volte Gesù viene e li trova addormentati, con gli occhi chiusi, e alla fine li lascia dormire, perché il tempo di vegliare è ormai finito, resta solo da affrontare il calice amaro che li attende. 

Il Getsemani diviene scena di sofferenza per Gesù e per i discepoli. La volontà di Dio è scritta e muove la storia, nulla è lasciato al caso, ma ci sono dei passaggi oscuri, come la valle del Cedron, prima di poter arrivare alla città di Dio, verso cui tutti noi siamo in cammino. La strada è buia, non ci sono tante luci e spesso ci si sente smarriti, c'è bisogno di avere qualcuno che ci conforti e ci rassicuri. Marco in questo quadro ci mostra come le forze in moto nel mondo, i potenti e coloro che guidano la terra, si muovono e scrivono la storia, a volte sconvolgendo le vite di milioni di persone. Dietro le quinte però agisce Dio che non lascia nulla al caso. Questa è la fede del cristiano sull'esempio di Gesù. Non si ha certezza e l'evidenza dei fatti lascia pensare che nulla andrà per il meglio, ma ci si fida che Dio non abbandona i suoi figli. Il grido di Gesù, Abba, Padre, è il grido di ogni fedele che affronta la vita, che passa per i calici amari da cui bisogna bere, mantenendo lo sguardo sul bene, riponendo la speranza in Dio. La propria vita è al servizio, è pronta per essere donata, così come la si è ricevuta gratuitamente, non si ragiona per convenienza ma per amore. Gesù sa che deve amare l'umanità a cui il Padre lo manda, anche quando questo significa andare in braccio alla morte, così come un soldato combatte una guerra ingiusta per la propria famiglia, o si affronta una malattia che non si capisce, cercando di trovare un senso nell'assurdo. L'invito di Gesù ai discepoli è rivolto a tutta la comunità cristiana: seguire me vuol dire bere il calice amaro, che non siete in grado di fare perché deboli; lo spirito è forte, il desiderio è grande ma davanti ai sacrifici e ai colpi che l'esistenza può riservarti resteremo fedeli alla volontà a cui ci sentiamo chiamati? Continueremo a seguire ciò che crediamo sia bene anche quando sarà sconveniente e scomodo e ci costerà tutto? Come si può essere in grado di affrontare tutto ciò? La risposta di Gesù è la preghiera, il vegliare e non restare addormentati, perché il maestro è sempre con noi. Essere vigili nel momento buio per riconoscere anche nella sofferenza e nell'assurdo che siamo chiamati da una volontà più grande, a scegliere il bene nel mezzo della follia e quando le tenebre dominano e l'alba sembra troppo lontana. 

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