Il rischio di essere sciapi

 

Il Vangelo di Marco

Il cammino del discepolo

Siete il sale della terra (Mc 9,30-50)

Gesù nel Vangelo di Marco, annuncia per una seconda volta il suo tragico destino: essere messo a morte per mano dei poteri forti di Gerusalemme ed essere abbandonato da tutti. Tuttavia, nonostante i discepoli non fossero capaci di comprendere a pieno le sue parole, annunciava loro la sua risurrezione dai morte.  Quello che però era chiaro agli apostoli era la necessità  di capire chi è il più grande, il più importante tra loro? Discutono, cercano di risolvere l'arcano. Certo, Gesù gli ha mostrato qualcosa di così maestoso come la potenza del Regno che non possono che aspettarsi un esito sconvolgente e rivoluzionario, un rovesciamento dei poteri di questo mondo, e il loro dubbio è che debba essere a capo e che gerarchia seguire. La domanda avrà anche attanagliato la nuova comunità sorta dopo la morte di Gesù, così come accade spesso anche oggi, quando un fondatore carismatico di un movimento viene meno. Chi deve guidare il gruppo? che ne può fare le veci? Chi ne è degno? La gerarchia era fondamentale anche nella struttura delle comunità di Qumran, divisa in modo classista con a capo un maestro di legge. Davanti a tale dubbio, di tutto rispetto e necessario per una giusta organizzazione, la risposta del cristiano guarda sempre all'annuncio della passione di Gesù. La risposta è semplice: il più grande è chi si fa più piccolo, chi si pone come servo di tutti. L'insegnamento doveva essere il precetto fondamentale da seguire nel rapporto tra le comunità delle origini e le guide all'interno di esse. La figura che Gesù mette al centro, degno del Regno, è un bambino, considerato, se possibile, anche meno di uno schiavo al tempo. Fino alla maggiore età, intorno ai 13-14 anni, un bambino non aveva diritti, è soggetto a tutti e non può vivere se non gli viene dato sostentamento. Si fida, si deve affidare. Gesù vuole che i discepoli siano come bambini, confidando nella provvidenza del Padre, pronti ad accogliere tutti, anche i più insignificanti. Sono loro i sovrani del regno dei Cieli. Il tema che Gesù sottolinea non è soltanto politico, ma anche fortemente teologico: essere suoi seguaci significa guardare a Dio e alla sua provvidenza. Se servire il Padre che ci da la vita comporta perderla e donarla, quella è la strada. Ciò che va sottolineato però è la promessa di risorgere, della vita eterna. Gesù è autentico figlio del Padre, servo di tutti e di Dio in primis; solo questo lo rende Signore. La resurrezione è naturale causa del suo essere Figlio.

Nell'episodio successivo ecco un'altra tentazione che la morte di Gesù ha sicuramente fatto emergere nelle prime comunità cristiane: siamo molti in gamba, il nostro gruppo è il migliore e molto attivo, ma ecco che arrivano degli altri che vogliono rubarci il Signore, vogliono usare il suo nome per compiere anche loro delle opere di misericordia. La battaglia del copyright e dell'esclusiva ha inizio, si arriva a dividersi per decidere chi deve avere tale privilegio. Secondo Gesù non è così che deve essere. Chiunque nel nome di Dio fa del bene, quello vero, non può esimersi dall'essere servo egli stesso di Dio. Come potrebbe nuocere a voi, che siete servi voi stessi e fratelli tutti? Non c'è competizione o una scala di merito. L'amore di Dio non è mai soggetto all'esclusiva. Chiunque lo abbia sperimentato e parli nel nome di Gesù non può essere un nemico, ma un fratello che lotta per il bene con te. 

Ancora, a chi è discepolo e si spende per portare Cristo, il cristiano è chiamato a dare aiuto e supporto, non a mettersi in competizione. Come mai potrà essere testimone di fede colui che pone davanti alla provvidenza divina il suo progetto e il suo punto privilegiato di vedere le cose?


La parte finale della sezione si chiude con Gesù che invita a automutilarsi per evitare il fuoco della Genna, luogo antico in cui i Cananei erano soliti effettuare riti sacrificali (anche umani) col fuoco e che è maledetto dalla Bibbia. Questo luogo sarà poi assimilato alla discarica di Gerusalemme ed è quindi il luogo in cui vengono gettati gli scarti, in cui regna ciò che è impuro e lontano dalla sacralità di Dio. Finire nella Genna è il termine evangelico che vuol dire essere esclusi dal regno di Dio, voltare le spalle al Vangelo e a Gesù Cristo. Proprio questo vuol dire l'invito che fa Gesù: allontanate da voi la causa del vostro male, quella che vi porta a essere demoni, che fa del male agli altri, che vi contamina. Il male esce dal cuore dell'uomo: meglio perdere qualcosa che perdersi per sempre. Vizi, violenze, rabbia, avidità; tutto ciò che alimenta il male nell'uomo deve essere gettato, per non finire lui stesso nella spazzatura. Ancora una volta viene sottolineato come il male non venga dall'esterno ma direttamente dal cuore dell'uomo.

Il fuoco non può essere evitato, l'uomo è il sale della terra; secondo alcuni esegeti il sale è "del focolare", pietre di minerali estratte del Mar Morto utilizzate come combustibile per i camini, per altri il sale con cui condire il sacrificio a Dio. Nel testo biblico è comunque simbolo del patto dell' Alleanza, l'uomo è chiamato a essere ciò che rende effettiva la presenza di Dio sulla terra. Se perde questa capacità di bruciare non sarà più buono a nulla se non ad essere calpestato. Per entrare nel Regno, si deve bruciare il superfluo e ardere nell'amore di Dio.

 

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