Questioni di autorità (Mc 9,1-13)

 

Il Vangelo di Marco

Il cammino del discepolo

Questioni di autorità

(Mc 9,1-13)

Marco propone il noto brano della Trasfigurazione di Gesù, cioè il suo mostrarsi in forma divina davanti ai discepoli. Sono passati 6 giorni ci dice l'evangelista, un numero che richiama la settimana e il giungere del settimo giorno, la completezza del tempo. Gesù porta i fedelissimi, Pietro, Giacomo e Giovanni su di un monte e davanti a loro ecco che il suo corpo diviene splendente, con vesti bianche come mai si sono viste. Addirittura l'evangelista dice che nessuna lavandaia potrebbe mai renderle così immacolate. L'evento in sè non è un effetto speciale per stupire ma richiama il simbolo della purezza e della santità divina. Sul Monte Sinai, Mosè incontro Dio e restando con lui il suo volto divenne splendente. Molte volte Dio stesso è raffigurato come un anziano in vesti bianche e raggianti, a tal punto che non si può sostenere il suo sguardo. Come Mosè anche Elia sul monte incontra Dio e viene anche rapito al cielo. Secondo alcune tradizioni rabbinica nemmeno Mosè sarebbe morto, ma rapito in cielo prima della morte. Proprio questi due personaggi, pilastri fondamentali della storia di Isralele, compaiono affianco a Gesù e lui discuisice con loro. Mettere il Nazareno insieme a Mosè ed Elia significa riconoscergli un'autorità enorme, alla pari del depositario della Legge e del profeta della fine, che sarebbe dovuto venire prima che il regno di Dio sia instaurato. Tutti ascoltano l'insegnamento di Mosè e aspettano il ritorno di Elia. Gesù è al loro fianco. I discepoli vedendo la scena restano sconvolti e attoniti. Pietro, fuori luogo come al solito, propone di fare tre capanne per queste autorità giudaiche e vivere con loro. La capanna non è certo per fare campeggio ma richiama la festa omonima, in cui gli Israeliti, ricordando l'esodo e il periodo nel deserto prima di giungere alla terra promessa, quando vivevano come nomadi. La tradizione ricorre nella festa agricola, durante la quale si dormiva in capanne nei campi per non lasciare il raccolto incustodito. Pietro propone di santificare e creare una nuova istituzione, annettendo Gesù alla triade delle autorità giudaiche. 

Proprio in questo momento Dio entra in scena e con una teofania in stile classico, nascosto nella nube che sopraggiunge sul monte, fa la sua dichiarazione. Gesù è il suo figlio prediletto e la sua parola va ascoltata. Ai tempi di Gesù il concetto di autorità era qualcosa di molto serio. Citare un rabbino, un maestro della Legge, Mosè in persona, aveva un'importanza fondamentale nelle dispute e nelle discussioni.  La figura di Elia era centrale invece per coloro che attendevano la svolta l'escatologica che Dio avrebbe dovuto operare.  
Queste due figure però svaniscono e alla fine rimane Gesù solo, il figlio prediletto, amato dal padre. La tradizione, la Legge, ciò che consideriamo fondante finisce in secondo piano di fronte a Gesù.

Noi cristiani portiamo avanti l'eredità di 2000 anni di storia, con una fede, delle credenze e delle tradizioni granitiche, frutto di sublimi riflessioni estetiche e dall'esperienza di una Chiesa che ha cambiato pelle più volte, chiudendosi o rinnovando il suo messaggio in base ai tempi. 

Potremmo considerarci arrivati, giunti alla completezza del sistema. Abbiano la nostra fede, crediamo in Gesù e nel Vangelo, vogliamo essere testimoni della fedeltà di Dio. La tentazione però è la capanna, il rinchiudere la propria vita nella culla della propria comunità o nel proprio ruolo stanziale nella Chiesa. I discepoli ammirano Gesù come Figlio di Dio prediletto, colui in cui il Padre ha trovato compiacimento e che supera Mosè ed Elia. 

Come non si può fissare bandiere, festeggiare questo grande incontro e il privilegio che ci è stato concesso? Abbiamo Gesù, il Cristo, l'autorità massima, la sua Sapienza, non possiamo che essere orgogliosi di questo.
Dio però spazza via le capanne, elimina l'istituzione formale e statica del sacro. Gesù scendendo dalla montagna annuncia di nuovo la sua morte, non parla di come, favorito dal Padre, agirà e instaurerà il suo regno con autorità, ma di come nessuno capirà la strada che il Signore traccia per questo Messia, conducendolo alla morte. 

Ascoltare Gesù a volte non è seguire un modello o uno stile di vita consolidato, ma lasciare sorprendersi dalla follia del volere divino. La sensazione che alle volte fare la cosa giusta non conviene ma sai che è comunque l'unica alternativa e che tutto il resto è un aggirare il problema. 
L'autorità di Gesù è elemento decisionale per l'azione concreta. Le sue parole, il suo vivere un rapporto unico con il Padre, sono il fondamento di tutto il cristianesimo, anche se motivo di scandalo per la religione stessa. 

Creare delle capanne che siano un monumento della propria fede, causa di vanto e di giustificazione per appartenenza fa scendere Gesù dalla croce. Se il nostro obbiettivo è salvare la fede, la nostra religione e le tradizioni a discapito del bene dei fratelli, schiacciandoli anzi quando cercano di minare le nostre convinzioni, siamo difensori di Dio contro chi l'accusa, riconoscendolo come debole e fragile. Se il nostro primo pensiero non è a chi grida e cerca aiuto, chi è nel bisogno, non siamo molto diversi dai sacerdoti ai tempi di Gesù che, proteggendo la legge e la loro tradizione, hanno crocifisso chi difendeva gli ultimi, esclusi dalla loro intransigenza.


Commenti

Post più popolari