In cerca di un segno? (Mc 8,11-26)
Il Vangelo di Marco
Il cammino del discepolo
In cerca di un segno? (Mc 8,11-26)
Nei precedenti versetti, Marco ha insistito moltissimo sul pane e sulla parola di Dio che esso rappresenta, a tal punto che questa sezione del vangelo è nota come quella "dei pani". in opposizione all' insegnamento di Gesù, si fanno avanti come al solito i dottori della legge e le incomprensioni dei discepoli, che nonostante le ripetute spiegazioni e occasioni per riconoscere in Gesù il maestro e il figlio di Dio, continuano a brancolare nel buio e a fare figure imbarazzanti. Il passo che ci si pone davanti ora ha proprio questa valenza: sottolineare come i discepoli siano simili ai farisei, che si recano da Gesù in cera di un segno. Ogni buon taumaturgo che si rispetti e il Messia di Israele in particolare deve sapersi distinguere per le sue gesta mitiche. I dottori della legge esigono che Gesù compia un gesto che mostri la sua autorità, lo mettono alla prova. Se lui è il benedetto da Dio, allora potrà dare un segno che lo renda credibile. Elia nel primo libro dei re dimostra il suo essere profeta nella sfida del Carmelo, dove si mette alla prova contro i 450 sacerdoti del dio pagano Baal e li sconfigge sonoramente, per poi ucciderli (1 Re 18,20-40). Un fuoco potente discende dal cielo all'invocazione di Elia, mentre nulla possono i suoi avversari, che tentano ogni modo di vincere la sfida. "Il popolo giudeo cerca i segni, i greci la sapienza" dice Paolo nella lettera ai Corinzi (2 Cor 12,12) e lo stesso storico Giuseppe Flavio, come confermano anche gli Atti degli apostoli, narra di come dei demagoghi e impostori abbiano utilizzato trucchi e magie per incantare il popolo per essere creduti e seguiti.I farisei, tra i gruppi giudaici del tempo di Gesù, erano interpreti dei tempi: sapevano vedere cosa da lì a poco sarebbe successo, cosa voleva dire una certo fatto e a cosa ricondurre tale accadimento nella volontà di Dio. Un impero che crolla, la morte di un condottiero, una dura prova che si abbatte sul popolo, tutti segni divini che andavano spiegati al popolo come conseguenza di un certo peccato o di un volere superiore. Una corrente molto diffusa ai tempi di Gesù era poi quella apocalittica e quella messianica, di coloro cioè che attendevano una svolta nella storia da parte di Dio che, intervenendo direttamente o suscitando condottieri, re e profeti, avrebbe fatto giustizia dei malvagi, purificato il mondo e reso di nuovo Israele grande tra i popoli. Ecco così che nascevano una serie di presunti Messia, alcuni che sollevavano rivolte contro i dominatori stranieri romani, altri che facevano ritirare il popolo nel deserto in forme di ascetismo estremo per garantire la purità di pochi eletti. Il movimento del Battista riprende molto questa visione apocalittica di conversione degli ultimi tempi. La generazione che Gesù accusa non è poi così lontana dalla nostra: c'è chi ogni tanto si solleva a profeta e sentenzia che il mondo è vicino alla fine, che la società non può andare avanti così, che i giovani di oggi sono tutti da buttare o che i più anziani sono il male da cui liberarsi per aver un mondo più equo. Si cerca sempre un colpevole per il male presunto che si vuole estirpare. Davanti a questa richiesta disperata di un segno di riconoscimento, Gesù se ne va, salendo in barca con i discepoli. Nessuna conferma è data ai farisei, perché non potrebbero vedere nulla che li convincerebbe. Volevano vedere Gesù compiere chissà quale magia sorprendente ma è buffo pensare a tutti gli episodi in cui Marco narra dei prodigi, davanti a cui ci sono persone incredule. Questo è però logico: se dovessimo vedere qualcosa che reputiamo impossibile, non crederemmo che sia realmente accaduto, ma che ci sia un trucco da smascherare, una spiegazione nascosta. Marco ribadisce in ogni pagina del Vangelo chi sia Gesù, già dal primo versetto, ma incredibilmente non è creduto né compreso da nessuno.
I discepoli, che vivono con lui, che vedono ciò che compie, restano increduli pure loro. In barca con Gesù, si preoccupano di avere un solo pane. La risposta di Gesù, apparentemente senza senso, è di non lasciarsi ingannare dal pane lievitato dei farisei e del re Erode e rimprovera i suoi seguaci di non capire ancora, di non essere ancora arrivati a comprendere la parola di Dio, ricordando il fatto dei pani. Il senso del racconto finalmente si dischiude: l'unico riferimento per il cristiano è Gesù, la via, la vita. Lui è il centro di tutto e l'unica via per giungere al padre. Tuttavia, la strada che propone, il pane che dà da mangiare, appare difficile e impervia, richiede molti lasciti, non è intrigante come il lievito dei potenti sacerdoti e dei personaggi di corte. Le folle preferiscono ascoltare le parole dei maestri della legge, che captano un segno qui e uno di qua, colgono la volontà di Dio e si sentono in un intimo rapporto con il Padre, a tal punto da poter vedere anche nelle inezie dei messaggi del Signore. Il cristiano non ha altro esempio nel seguire la volontà del Padre se non nell'unico pane, Gesù stesso. Non ci sono segni grandiosi, non parole confortanti in cui vedere la propria volontà riflessa, da ricondurre a quella divina, ma una strada di fedeltà, che passa per incomprensione, difficoltà, fino alla croce. Un cammino che è contraddistinto dal silenzio, dal continuo bisogno di discernimento, da ricerca di equilibrio ed esercizio continuo di fede e fiducia nella volontà del Padre, trovando sazietà in una parola, un misero pane, che però si moltiplica all'infinito, in un seme che nel nascondimento cresce e porta molto frutto.
L'uomo però non può o forse non vuole vedere ed è cieco alla parola di Dio. Ecco che Marco cuce la sezione dei pani con quella che da il via alla rivelazione della figura di Gesù, presentando un cieco presso Betsaida, che il Signore conduce fuori dal villaggio per guarirlo. Ancora una volta, con la saliva taumaturgica, Gesù cerca di guarire il povero uomo ma fallisce al primo tentativo, dovendo provare una scendo volta. Nel primo passaggio che compie Gesù, l'uomo vede come alberi che camminano, che interpreta come uomini. Questa è la mentalità umana, imperfetta, che fa vedere in modo non distinto le cose e non permette di distinguere la differenza tra una pianta e una persona. Nella seconda guarigione, Gesù apre totalmente gli occhi all'uomo e questo vede ogni cosa, comprende il mistero di Dio, lo fa suo. Non pensa più come gli uomini, non sente il bisogno del pane lievitato che riempie ma non sazia, ma cerca quello che da la vita e non finisce mai. L'ordine di Gesù è di non far ritorno al villaggio, nella mentalità precedente, che rende ciechi e non permette di vedere e comprendere a pieno la vera natura di Dio.
Il Vangelo si avvia verso il suo cuore e l'epilogo che porterà a svelare totalmente chi è Gesù e conduce sino al Padre; un primo svelamento è stato operato, ma la vista è ancora annebbiata. Nel cammino verso Gerusalemme e la croce, realmente il senso profondo del Vangelo trova il suo compimento. Solo allora sarà possibile vivere nella verità, abbandonando ogni dolce bugia ed illusione, per conoscere il vero volto di Gesù e del Padre.
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