Tirare i remi in barca e guardare a Cristo (Mc 6,45-52)

Il Vangelo di Marco

Il cammino del discepolo

Tirare i remi in barca e guardare a Cristo (Mc 6,45-52)

I discepoli hanno sfamato le folle con il pane di vita che Gesù ha moltiplicato senza fine, producendo anzi  anche un avanzo. Sorge però la domanda per la prima comunità cristiana e per noi uomini di oggi in generale: come e a chi portare da mangiare. Gesù congeda la folla e ordina ai discepoli di andare all'altra riva (la missione, nella terra pagana, a chi non crede ed è ostile). Non c'è scelta: se si è discepolo, portare il pane, parola redentrice di Dio, è un dovere a cui non ci si può sottrarre. Tuttavia Gesù non accompagna i discepoli nel cammino. Il lago, simbolo di morte e regno del potere del male, diventa ancora più ostile al calare della notte. Il buio sopraggiunge e la fatica nella traversata si fa sentire. Un forte vento opposto alla rotta soffia sul lago e porta i discepoli ad arrancare. Gesù invece, salito su un monte, prega il Padre. La scena già ci richiama la passione di Gesù, la preghiera al Getsemani, la fuga dei discepoli, la loro delusione e disperazione. Questa è la vita del cristiano, fino dall'antichità: dopo la morte del Maestro, l'esigenza è di portare la testimonianza di Dio, che comporta una terribile sofferenza, rinuncia e incomprensione. Il brano introduce una serie di dispute e di racconti nei capitoli successivi che sottolineano proprio il difficile rapporto con i destinatari del vangelo e il duro cammino del missionario. Senza Gesù, la comunità fatica ad annunciare la lieta novella, non percependone la presenza, così come accade anche per noi oggi, dovendo testimoniare Cristo, roba di ormai 2000 anni fa. Gesù è risalito al Padre, sul monte luogo di Dio, in comunione con lui, i discepoli si sentono abbandonati, credenti in un Signore lontano ed assente. Solo con le loro forze non riescono a giungere più lontano e si bloccano al centro del lago. Siamo al finire della quarta veglia, secondo il costume romano di scansione del tempo, il periodo che va dalle 3:00 alle 6:00 della mattina, momento di massimo bisogno dell'aituo di Dio (Is 17,14). La barca sta sbandando, simbolo della chiesa che è in balia delle forze del male. Ecco però che Gesù si fa attento, percepisce la difficoltà dei discepoli e gli si fa incontro, camminando sulle acque. Non è uno show di magia, ma la potenza divina di dominare il potere che si oppone al Regno di Dio. Tutta la paura e le difficoltà che fanno parte della nostra umanità, che ci fanno arrancare nel procedere, Gesù li mette sotto i propri piedi. I discepoli hanno il cuore indurito, i rischi e le fatiche della vita e della missione hanno fiaccato il loro spirito. Gesù invece, in piena comunione col Padre, nella pace trovata nella preghiera, è in grado di navigare in quelle acque che sono trappola mortale per i discepoli. Ricorre qui il tema biblico di Dio che domina le forze naturali (Gb 9,8; Sal 77,20). Gesù compare come uno spettro, figura che richiama contemporaneamente la risurrrezione di Gesù e l'incredulità dei discepoli nel vederlo. Anche oggi molti reputano che avere fede è credere in una mera illusione, non c'è da stupirsi che la stessa cosa accadde ai discepoli. Gesù però li rassicura, usando l'espressione con cui Dio si presenta, "Io sono". Nella difficoltà del cammino, il Signore è presente, sorregge la barca e la conduce al porto sicuro. Il vento cessa, ogni opposizione si acquieta, ma solo quando Gesù è con i discepoli. Il viaggio non riesce ( dalla sponda occidentale verso Betsaida, posta sul lato orientale, alla fine si approda di nuovo alla costa di partenza, a Gennaseret), i discepoli non sono pronti e si deve fare ritorno. Marco ribadisce il motivo del fallimento: i discepoli non hanno compreso il senso della moltiplicazione dei pani e la predicazione di Gesù. Nei prossimi capitoli questa mancanza dei discepoli sarà centrale e ancora di più esasperato. Il centro del racconto comunque è la mancanza di fede dei Dodici e della comunità cristiana, che invece di nutrirsi della parola di Dio e affidarsi alla Sua provvidenza, mangia al banchetto dei farisei, pani lievitati che riempono ma che non saziano. Succubi delle loro paure e pregiudizi, fermi nella loro posizione, non sono in grado di dare la vita per il Vangelo, non sono pronti per dare loro stessi da mangiare, per esssere fonte di salvezza. Solo quando riconosceranno Gesù come Dio, come il Risorto che domina il male e la morte, che non è un fantasma ma fonte inesauribile di vita, allora saranno pronti a portare il messaggio di salvezza del Vangelo, fino a donarsi totalmente come il maestro. In fondo, in tutta l'opera, Marco non ha interesse a mostrare i discepoli come guide infallibili ma come ottusi seguaci: solo l'esperienza della Pasqua e lo spirito di Dio trasformerà questo debole gruppo di sbandati in esempi di santità.

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