La tradizione e l'essenziale (Mc 6,53 - 7,1-23)
Il Vangelo di Marco
Il cammino del discepolo
La tradizione e l'Essenziale (Mc 6,53 - 7,1-23)
Gesù è un ebreo osservante della legge, di certo non vuole eliminare i precetti e demolire la Torah e, benché questo passaggio sia stato ritoccato nel tempo, arrivando a far dire al maestro che tutti gli alimenti sono puri (Mc 7,19), il senso del racconto è chiaro: l'ipocrisia dei farisei e del loro modo di vivere è condannata su tutta la linea. Dio ha dato delle leggi a Mosè per Israele, così che gli uomini potessero vivere nella giustizia e nel bene, però l'uomo le cambia e le interpreta in base alla convenienza o al costume del tempo. Così i farisei ti condannano se sbagli un rito particolare e ti bollano come impuro, ma non si fanno problemi a trattenere un'offerta fatta al tempio, magari utilizzabile per fare del bene, in quanto è considerata sacra (il desiderio di tornare ad una chiesa povera che sia vicina agli ultimi qui emerge più forte che mai nelle parole dell'evangelista). Così, presi dalle tradizioni che hanno prescritto, per esaltare la loro purezza, non vedono che trasgrediscono la legge più importante che Dio ha dato all'uomo, quello di amare il prossimo come te stesso e come il Padre ti ama. Gesù spiega il senso della disputa ai discepoli una volta entrati in casa, nella Chiesa, il luogo dell'ascolto. Ironicamente, anche noi minuziosamente disinfettiamo le mani prima di entrare in chiesa e prima di prendere la comunione per poi, una volta usciti, essere pronti a fare sproloqui, offendere, accusare, denigrare, ignorare chi ha bisogno del nostro aiuto. La condanna non è all'uso dei farisei (che possono lavare le mani quanto vogliono) ma alla loro ipocrisia: non basta fare tutte le abluzioni per essere puri, se poi dentro di noi siamo pieno di marciume.
In sostanza, per difendere le norme e i costumi superflui ed inutili che ci piacciono tanto, sacrifichiamo la tradizioni importanti e il senso profondo che queste richiamano. Gesù rimarca quindi che non è ciò che viene dall'esterno a condannarci e a renderci malvagi, ma ciò che noi facciamo uscire dal profondo del cuore. Di certo, se non prego, non vivo la comunità della Chiesa e non mi interrogo sulla mia fede e sulla tradizione su cui questa poggia non posso dirmi cristiano, ma, allo stesso modo, seguire tutte queste prescrizioni non mi evita di finire ugualmente in fallo. Ogni sacramento, celebrazione, manifestazione di fede ha senso se è seguita e preceduta una testimonianza concreta della stessa. Marco fa dire a Gesù che ciò cha mangiamo va nella fogna, (cioè non ha importanza, transita in noi senza contaminarci) in difesa dei nuovi cristiani che venivano dal paganesimo e che quindi non seguivano le norme alimentare dei giudei, mangiando cibi non kosher. Analogamente anche Paolo difenderà il diritto di non circoncidersi per poter far parte della chiesa di Cristo. Passo dopo passo, quei piccoli sassolini lungo la via, considerate pietre di inciampo dai più pii, sono calciate via, sgomberando la strada che conduce all'essenziale: l'amore di Dio e la via che conduce a Gesù Cristo. Nel modo di parlare e di vivere come testimone del vangelo, Marco riconosce la vera legge del cristiano: il male non ha bisogno di entrare nell'uomo ma già giace in lui, sopito. La lista dei vizi che l'uomo può avere, noti anche nella morale ellenista del tempo, sono la vera causa del male. Nulla in sé è sbagliato, ma può esserlo l'effetto che quella cosa ha su di noi e le conseguenze che questo può produrre nel nostro cuore. Né l'atomo né la conoscenza sono malvagie, un qualcosa da evitare di per sé, ma se nel nostro cuore nasce il desiderio di creare un'arma di distruzione di massa con questi elementi, dovremmo tagliarci le mani per evitare di dare vita ad una mostruosità simile (se la tua mano ti è di scandalo tagliala!)
La prescrizione che dà Gesù non è quella di stare attenti a non violare delle regole stupide, che non nuocciono a nessuno se non all'ego di chi le promuove, ma a quei desideri pericolosi e nocivi dal cuore tramite i quali il male si fa spazio in noi e ci condanna. Non è un caso che il brano sia introdotto da un sommario tipico di Marco, in cui sono raccontate molte guarigioni in piazza operate da Gesù (Mc 6, 53-56), sottolineando il farsi toccare dalla gente, l'operare nelle piazze a contatto con i malati. Sono richiamati simboli chiave che riportano alla mente alcuni episodi già narrati da Marco come la barella del paralitico (Mc 2,1-12) e il lembo del mantello toccato dalla emorroissa (Mc 5,21-34). Gesù è il centro della predicazione cristiana, la sua figura e la sua vita ci salva perché purifica al solo tocco il nostro cuore. Siamo tutti sporchi e fragili, erriamo e sbagliamo, lasciamo che il male esca dal profondo e e contamini chi ci è più vicino, chi ci da fiducia e ci ama. Dio però non si è scandalizzato dell'impurità che ci riveste, ha incarnato questa condizione così torbida, facendosi vicino e ci ha concesso la grazia e la forza per essere fedeli e amarci nella verità. Probabilmente, più che concentrarci sulle ombre che avvolgono noi e i nostri fratelli e sorelle, dovremmo concentrarci sulla luce che il nostro cuore può emanare, guardando all'essenziale, abbandonando i pregiudizi e la nostra innata tendenza al giudizio. Mediante l'opera di Dio, quel bagliore può vincere non solo le tenebre che attanagliano la nostra anima ma arrivare fino al nostro prossimo, così che tutto sia nella luce della verità, senza più
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