Ciò che muove il mondo (Mc 6,14-29)
Il Vangelo di Marco
Il cammino del discepolo
Ciò che muove il mondo (Mc 6,14-29)
Il capitolo 6 ci introduce una nuova figura di importanza rilevante al tempo di Gesù, il tetrarca Erode Antipa. Alla morte di Erode il Grande, suo padre, il territorio della Palestina era stato diviso in quattro parti, a capo delle quali erano stati posti dei re vassalli di Roma o funzionari imperiali. Erode Antipa regnava sulla Perea e sulla Galilea (era quindi il sovrano di Gesù), mentre il fratello Filippo governava sui territori al di là del Giordano. Le restanti due parti della Palestina era sotto il controllo diretto di Roma, per quanto riguarda la Giudea e Samaria, con il prefetto Ponzio Pilato, e il regno del Nord, territorio di Tiro e Sidone, era sotto la giurisdizione della dinastia Nabatea, con a capo il sovrano Areta IV.
Erode Antipa aveva preso per moglie proprio una delle figlie del sovrano nabateo di Petra, ma la aveva abbandonata per sposare Erodiade, moglie di un suo fratellastro (che con grande fantasia si chiamava anch' esso Erode) e sorella di Agrippa il Grande, la quale aveva avuto una figlia di nome Salomé dal primo matrimonio. Marco erroneamente afferma che Erodiade era moglie del fratello Filippo, ma le trame di palazzo e gli intrighi famigliari sono effettivamente molto complesse (Giuseppe Flavio, Ant. Giudaiche 18, 106-119)
Ovviamente, questo tradimento, assolutamente vietato dalla legge giudaica (Lv 18,16;20,21), scatenò la furia vendicativa di Areta, che vedendo la figlia rifiutata e abbandonata, si mosse contro Erode militarmente, sconfiggendolo duramente. Solo l'intervento dell'imperatore riporterà ordine nella Palestina. Questa disfatta fu vista dal popolo come un segno divino, a condanna del re per esseersi macchiato della morte di Giovanni il Battista. Infatti, il profeta, si era scagliato in una denuncia pubblica del tetrarca per il matrimonio illegittimo che aveva sancito con Erodiade, moglie del fratello ancora in vita. Visto l'enorme ascendente che aveva Giovanni sul popolo, la sua morte fu preventiva per evitare possibili insurrezioni contro il potere della dinastia regia. Marco attribuisce la colpa della condanna del Battista alla moglie di Erode, Erodiade. Infatti, secondo l'evangelista, il re aveva un misterioso interesse, anche se non la comprendeva, verso la predicazione del Battista, ma la donna colse l'occasione per avere la sua testa. Il giorno del compleanno di Erode, radunate tutte le alte cariche del paese, Salomé, figlia di Erodiade, danza davanti ai commensali ed Erode fa una scellerata promessa: qualunque desiderio abbia la giovane fanciulla, lui lo avrebbe esaudito. Così la madre di Salomé coglie il momento propizio per chiedere la testa del Battista su di un piatto. Nonostante la riluttanza, Erode acconsente all' esecuzione capitale e al Battista non resta che essere seppellito dai suoi discepoli.
Marco, abilmente, cuce dei racconti fantasiosi dell'antico testamento per creare questo quadro macabro: la regina che minaccia il profeta di morte richiama la condanna di Elia da parte della moglie del re Acab, sovrano debole ed arrendevole alla sposa Gezabele, la quale aveva introdotto nel paese il culto delle divinità pagana dei Baal, scatenando la furia del profeta. Al tempo stesso, richiama le due figure femminili delle donne eroine Ester e Giuditta (vedi i rispettivi libri, Est 5,6;7,2; Gdt 13): la prima, divenendo regina e seducendo il sovrano Assuero, salva il popolo da un editto di olocausto, la seconda, vedova di un paese sotto assedio da parte del potente e oceanico esercito del generale assiro Oloferne, entrando nel letto del potente condottiero, riuscirà a decapitarlo e a far vincere la guerra al suo popolo.
Il tema del racconto è quello del sovrano che si lascia trascinare dalle trame del potere e di palazzo, finendo per compiere il male. Erodiade, non contenta, spronerà anche Erode ad andare a Roma da Gaio, successore di Tiberio, per ottenere dei riconoscimenti e posizioni rilevanti, essendo gelosa della fama e della carriera militare del fratello Agrippa. Questa ambizione smodata e sfrenata porterà entrambi all'esilio a Lione, in Gallia (Giuseppe Flavio, Ant. Giudaiche 18 240-256). Nei testi apocrifi cristiani, Salomé sarà fatta morire decapitata a sua volta, tenuta per la testa dalla madre, mentre starà annegando in un lago ghiacciato.
Erode, quando sente parlare di Gesù, teme che il Battista sia tornato dai morti, nonostante lui lo abbia decapitato. La scelta compiuta è stata dettata dalla paura e dalla sudditanza alla moglie. I giochi di palazzo, le trame di potere, le ambizioni, i sotterfugi, portano ad un banchetto dal sapore di morte e sangue, che termina nella disgrazia. Erodiade è la contro eroina, che non usa il suo ascendente per il bene, come Ester e Giuditta, ma per forzare la mano ai potenti. Erode è il re senza intelletto e sapienza, che si lascia trascinare dal male. Il Battista è la figura di Elia, profeta perseguitato che in nome della verità, viene ucciso e diviene martire. La sua condanna richiama alla mente lo stesso destino che toccherà anche a Gesù, di morte e sepoltura del giusto. Non è un caso che questo brano si inserito tra l'invio dei discepoli e nell'attesa del loro ritorno. La missione, la testimonianza vera di fede, si scontra con la mentalità dei potenti, capaci, per i loro interessi personali, di sacrificare le vite dei più deboli o di chi, nel fare il bene, gli si contrappone. Un tema vecchio di millenni ma purtroppo mai così attuale: il potere muove il mondo, tutto è nelle mani di pochi, che spesso esercitano tale diritto e privilegio con scelleratezza, con non curanza e senza lungimiranza. Nel libro di Ester, mentre l'editto di olocausto è emanato a corte si banchetta beati. Proprio il padre adottivo della donna, Mardocheo, richiama la fanciulla a fare il bene: lei è a corte, al sicuro e potrebbe ignorare la sorte dei suoi fratelli, ma rischia la vita esponendosi per ribaltare la storia. Allo stesso modo, Giuditta, contro l'idea del popolo di arrendersi al nemico che li cinge sotto assedio, decide di rischiare, sola ed indifesa, contro il potente Oloferne, sperando nell'impossibile.
Di questo infatti si tratta: non esiste potere più grande di quello di Dio, nessun re può sovrastarlo. Davanti alla storia che prende le pieghe più inspiegabili, che è corrotta dal male e ci spinge a piegarci ad esso, arrendendoci e lasciandoci sedurre, come da una danza irresistibile, la fede in Dio permette all'uomo di resistere. Concede la possibilità di scegliere il bene contro il male, contro l'attrazione del successo gratuito a discapito degli altri, dell'arrivismo, dell'egoismo, del profitto e dell'interesse personale, anche se si è indifesi, solo semplici donne contro un esercito sterminato, armato fino ai denti. Il prezzo richiesto è la vita, impiegare tutte lo proprie forze per il bene, per arginare il male, sicuri che mentre la testa del nemico, cadendo, sancisce la sconfitta, perché sorretta da un potere temporaneo ed effimero, la morte del giusto non è vana. Il Battista espone la sua vita per ciò che reputa giusto, contro un re burattino mosso da ambizioni personali di una donna maligna, Gesù farà lo stesso contro il potere di Gerusalemme e della casta sacerdotale. La genialità di Marco è quella di far riconoscere proprio ad Erode, mentre tutti cercavano di capire chi sia Gesù, che la morte di quel giusto non si è esaurita nel nulla, ma vive ed è attiva nella predicazione e nella persona del nazareno, proprio come in ogni generazione in un cuore cristiano brucia lo spirito del Signore.
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