Pagani e porci (Mc 5,1-20)
Il Vangelo di Marco
Il cammino del discepolo
Pagani e porci (Mc 5,1-20)
I libri dei Maccabei narrano la rivolta guidata dall'omonima famiglia contro il dominio dell'impero ellenista che, dopo la conquista operata da Alessandro Magno e la caduta del suo regno, non essendoci eredi al trono, era passato nelle mano dei diadochi, i generali più fidati del grande condottiero. L'impero si era frammentato in tanti territori differenti, governati dai discendenti di tali fidati generali del macedone. Alla Palestina toccò il dominio d'Egitto, al servizio della casata dei Tolomei (che prende proprio il nome dal diadoco Tolomeo), fino al 200 a.C., quando la guerra fratricida con l'impero ereditato da Seleucide (appunti i Seleucidi), che regnava sulle terre della Persia e della Siria, eleggerà una famiglia regnante. Ovviamente, l'impero di origine era sempre quello ellenista, ma venne messa in atto una politica molto più severa per quanto concerneva gli usi e costumi dei popoli conquistati. La cultura greca era considerata luce dei popoli (così come poi sarà ripreso anche dai romani) perciò la religione superstiziosa degli ebrei era considerata folle e stupida, una cosa retrograda, da barbari. La riforma culturale operata dei seleucidi porto molti dei popoli e dei territori palestinesi ad avvicinarsi e a convertirsi ai costumi, considerati immondi da parte degli Israeliti, e allo stesso tempo a dare vita a movimenti di rifiuto che sfociavano spesso in rivolte armate. La goccia che fece traboccare il vaso è il gesto compiuto da Antioco IV Epifane, sovrano sconsiderato, che pose la statua di Zeus Olimpo nel "santo dei santi", il luogo in cui si riteneva esserci la presenza di Dio. Questa bestemmia costò lo scoppio della guerra narrata nei libri dei Maccabei, la famiglia di appartenenza di Matatia e dei figli Giuda e Simone, che riusciranno col sangue a riprendere il dominio del regno della Giudea, sotto la bandiera della dinastia degli Asmonei, fondata da Simone stesso. Questo evento di liberazione del tempio di Gerusalemme da parte della statua blasfema è considerato così importante da essere ricordato nella festa delle luci, l' "ḥănukkāh" (detto volgarmente il natale degli ebrei).
Ai tempi di Gesù, al di là del Giordano, vi era un territorio composto da dieci città, nate proprio nel periodo ellenista della Palestina, nota come Decapoli. Proprio qui, Gesù sbarca con i discepoli dopo la dura traversata del lago di Tiberiade, ostacolata dalla tempesta. Siamo in terra pagana, dove si allevano brachi di maiali, dove sono lecite pratiche sessuali discutibili e considerate assolutamente un incubo per gli ebrei. Sempre nel libro dei Maccabei, viene narrata una vicenda di una donna che, pur di non nutrirsi di carne di maiale, muore di fame insieme a tutti i sette figli (2 Maccabei, 2,7). Gesù vuole andare a predicare in mezzo ai pagani, considerati dei "maiali" per il loro modo di vivere. Lo stesso re Erode, di origine Idumea, si era corrotto a costumi considerati blasfemi per i suoi sudditi della Galilea. Ovviamente, il brano si apre con una serie di elementi di impurità. Arriva presso Gesù un pazzo, che Marco ci dice essere indemoniato. Questo uomo è rappresentato secondo la descrizione che il profeta Isaia (Isaia 65,3-5) fa dei suoi compatriotti, paragonandoli a pagani a causa della loro infedeltà verso Dio. Infatti, il poveretto ci viene detto vivere in mezzo ai sepolcri (scavati probabilmente nelle montagne), di vagare per luoghi deserti di notte, senza pace, percuotendosi e soffrendo, passando tutto il tempo in condizione di impurità. Non conosce nulla della legge di Dio, è totalmente immondo.
Ci viene detto che, più volte, l'uomo è stato catturato per essere incatenato e bloccato, ma senza successo, in quanto le catene sono state recise. All'arrivo di Gesù, lo spirito immondo che lo agita riconosce il Figlio del Dio Altissimo, Gesù, e lo scongiura di non cacciarlo dalla regione. Gli rivela il suo nome (dire il nome significa sottomettersi nel mondo antico, concedere potere al nemico) e dice di chiamarsi "Legione", termine tecnico militare, che indica un manipolo di 6000 uomini, che richiama alla mente i dominatori romani, considerati dei porci, proprio come il branco di animali che ci viene presentato nella scena successiva. Diventa più che evidente che l'autore vuole mettere in parallelo l'uomo indemoniato, che vive nell'impurità e che cerca di essere domato da parte dei suoi concittadini, con il popolo di Israele che è dominato dalla Legione, cioè sotto l'egida romana. Gesù è quindi presentato in chiave antiromana: prende lo spirito immondo e lo vuole cacciare dalla regione. Questo, lo supplica di avere pietà di lui e di poter essere inviato nella mandria di porci lì vicino. Gesù acconsente e i maiali, posseduti dallo spirito impuro, si scagliano giù dal monte, dove ci dice essere ambientata la scena, per finire nel mare annegati. Questo crea grossi problemi in quanto non è chiaro dove avvenga la scena descritta (Marco ci dice che siamo nella terra dei "Geraseni", alte versioni riportano "Gergeseni" o "Gadareni", tutti nomi di località identificabili in luoghi distanti dal lago di Tiberiade). Questo tuttavia, può essere di poco interesse per il lettore. Il senso del racconto è che Gesù prende lo spirito immondo, che rappresenta il potere straniero di dominazione, lo rimette al suo posto e lo fa finire nel mare, luogo appunto dove risiedono le forze del male.
Inutile dire che questo brano è il più usato per chi vuole vedere in Gesù un rivoltoso contro l'impero romano.
A mio avviso, il punto cruciale non è questo: certo, la dominazione straniera era sentita come opprimente al tempo di Gesù e molti volevano la liberazione del paese, ma ritengo che il nocciolo della questione sia la pazzia dell'uomo, dovuta alla condizione di oppressione dal male che, liberato dallo spirito immondo, trova pace ed è dipinto come sereno , vestito e sano di mente. I greci prima e i romani poi, avevano trovato un bel pretesto per invadere altri popoli e ridurli in catene e ceppi di ferro (Mc 5, 6): portare la civiltà e la sapienza, un po' come noi oggi portiamo la pace. Gli altri popoli sono dei barbari, degli incivili, incapaci di capire cosa sia il bene e il male, vanno quindi corretti e riportati sulla giusta strada. Questo peso invade l'animo dell'uomo: ecco che lo rende folle, lo porta ad essere schiavo e continuamente ribellarsi a tale condizione. Gesù invece porta la Sapienza con la "S" maiuscola: la parola di Dio. Quando Legione sente e vede Gesù, capisce che non può nulla; la sua menzogna è svelata. Pur di non essere sconfitto, il demone chiede di poter finire nei porci. Con questo gesto, Gesù rimanda il male, l'impurità che rende folle l'uomo, al proprio posto e, non pago di ciò, lo distrugge e lo elimina dal mondo.
I mandriani, davanti a questa scena, sono sconvolti: loro allevavano i maiali, loro crescono e si nutrono del male, che rende l'uomo folle. Sono figli della cultura dei potenti (Legione qui richiama Roma, ma ovviamente fa riferimento ai potenti regni che hanno dominato e stretto in catene Israele lungo la storia), che portano la loro verità, costringendo l'uomo alla schiavitù, non tanto politica, ma soprattutto del sistema imposto a mo' di regime. Il costume ellenistico e romano ormai stava entrando nella mentalità del tempo: gli strizzano gli occhi le caste sacerdotali di Gerusalemme, ci sguazza totalmente Erode. Dio è messo in secondo piano. I porci sono gli idolatri, coloro che sguazzano nel loro peccato e spacciano la follia per sanità mentale. Quando l'indemoniato è visto vestito, seduto e sano di mente, la folla vede il cambiamento radicale che la Parola e la presenza di Gesù ha suscitato in quell'uomo. Gesù, annunciando la parola di Dio, libera l'uomo dal male, che viene precipitato nel mare e lì annegato, come accadde con l'esercito egiziano ai tempi dell'esodo (Esodo 15,1-18). L'uomo però non vuole essere liberato: Gesù scaccia solo un demonio in terra di Decapoli, perché tutti gli altri lo allontanano e lo rifiutano. Preferiscono rimanere nel loro stesso letame, legati al vizio, a ciò che lo rende folli, spacciandosi per sani.
L'uomo mondato da Gesù diventa missionario, colui che tra i pagani deve portare l'annuncio di Dio, raccontando la grazia ricevuta. Questo è il primo inviato, colui che annuncia a tutti i popoli che la vera sapienza è presso Dio. Vorrebbe seguire Gesù ma gli viene impedito, in quanto per lui il cammino di discepolo è terminato. Quest'uomo è l'immagine del convertito che porta ai non credenti la parola del Dio che lo ha liberato dalle catene del male. Marco raffigura l'esempio dell'uomo che vive fuori dalla Palestina, che lotta contro Legione, la mentalità politica, sociale religiosa di Roma (luogo di possibile redazione del Vangelo) incitando a non piegarsi alla mentalità del tempo, diffusa in tutto l'impero ma a rimanere fedele a Dio, il quale libera dal male.
Mentre i discepoli sono ancora molto lontani dall'essere inviati per annunciare il vangelo, perché schiavi della loro mentalità, l'indemoniato è stato guarito da Gesù: l'averlo conosciuto lo libera dalle catene del male. L'uomo compie il male, smette di essere uomo, diventa folle, sconsiderato. Il male, rappresentato dall'impero romano, regna supremo, impone la sua legge e tutti si lasciano incatenare senza nemmeno accorgersi. Come in Mc 1,21-28, l'esorcismo agisce solo su coloro che voglio liberarsi dalle forze che li imprigionano, che gli impongono la schiavitù. La vera umanità passa per il rinnegare l'umanità stessa, ciò che per noi è normale, perché costume del tempo, e fare ritorno a Dio, che con la sua parola, come agli inizi dei tempi, compie una nuova creazione.
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