La giornata di Cafarnao (Mc 1, 21-39): Gesù l'esorcista
Il Vangelo di Marco
Il cammino del discepolo
La giornata di Cafarnao (Mc 1, 21-39): Gesù l'esorcista
Marco presenta Gesù che chiama i primi discepoli scegliendoli tra dei pescatori, promettendo loro che da quel momento in poi avrebbero messo nella rete non più pesci ma uomini. Il compito che viene affidato a chi vuole seguire il Maestro è quello di portare la salvezza dalle forze del male, da liberare coloro che affogano nelle acque dell'oscurità e riportarli alla luce. I temi dell'acqua come simbolo di purificazione e di salvezza o come luogo delle forze opposte al bene sono tipici della lettura del giudaismo del secondo tempio (vedi testi Qumran) e Gesù viene come colui che ha il potere di battersi contro queste potenze maligne.
La giornata che Marco ci presenta si svolge a Cafarnao, di sabato e si apre in sinagoga. Durante lo Shabbat, pochissime azioni erano permesse agli ebrei osservanti della legge. Uno dei compiti però che doveva essere assolto era lo studio e la presenza in sinagoga, secondo una liturgia ben precisa, da cui deriva anche la nostra, comprensiva della lettura e del commento delle scritture, della Torah e dei profeti. Gesù e la sua comitiva quindi, secondo il costume dell'epoca, si recano in sinagoga e il Maestro comincia a predicare. Questo lascia intendere che il nazareno avesse una certa autorità se poteva parlare liberamente e insegnare ai fedeli. Marco non ci dice che formazione abbia avuto Gesù, non gli interessa molto, ma sottolinea un fatto sorprendente: non insegna come facevano gli scribi, cioè coloro che avevano l'autorità di interpretare la Torah e di studiare i testi e le norme della legge di Dio. Spesso l'insegnamento che veniva impartito si basava sulle parole di un certo maestro o sull'insegnamento che si era ricavato da una certa scuola di pensiero, secondo il costume delle dispute rabbiniche (come comparirà più avanti nel corso dell'opera). La folla rimane meravigliata, come se ciò che Gesù predica venga da una sapienza misteriosa, che non è presente nei maestri del culto ufficiale. La novità di queste parole genera però un conflitto quando un uomo, lì presente, inizia a ribellarsi alla predicazione di Gesù. Questo personaggio viene detto essere posseduto da uno "spirito impuro", un termine che designa un'entità che si oppone a quello divina, di giustizia. Nella mentalità del tempo si credeva che il male si manifestasse per mezzo di forze misteriose, di spiriti in grado di indurre l'uomo a compiere il male, a portarlo lontano da Dio e quindi a renderlo impuro. Nei libri apocrifi di Enoch, tali entità sono fatti risalire alle anime dei giganti, i figli degli angeli scesi sulla terra contro il volere d Dio e che ebbero figli con le donne umane. Quindi, l'impurità fa riferimento all'opposizione al volere di Dio, a qualcosa che era fuori dal suo corretto rapporto: gli angeli mai avrebbero dovuto scendere sulla terra. Davanti alle parole nuove di Gesù, la reazione dello spirito è immediata. Il conflitto è ancora più evidente nelle parole che gli rivolge imprecando: "Cosa c'entri con noi Nazareno? Sei venuto a rovinarci!" (Mc 1,24). La lotta tra le forze del bene e quelle del male ha luogo nella sinagoga, che da ora diviene simbolo dell'incomprensione. Gesù compie un esorcismo, ha potere ed autorità per far zittire il demone e scacciarlo: con la parola comanda che ciò che non appartiene alla volontà divina se ne vada, lo spirito immondo, che non dovrebbe essere lì, in particolare nella sinagoga, luogo di culto e per di più nel, giorno di sabato. L'attenzione dell'evangelista non è tanto nel concentrata nel gesto di scacciare i demoni; questo nel mondo antico e contemporaneo di Gesù è abbastanza tipico nella letteratura, basti vedere l'apocrifo "Testamento di Salomone" o nell'opera di Giuseppe Flavio, "Antichità Giudaiche 8,45" dove lo stesso Salomone è descritto compiere esorcismi e comandare sui demoni mediante un anello datogli da Dio, o come nella cultura pagana ne "la vita di Apollonio di Tiana" di Filostrato (200 d.C), dove sono compiuti dei miracoli molto simili a quelli di Gesù e in particolare un esorcismo di questo tipo. Il punto fondamentale è che Gesù ha parole di sapienza vera, che nessun altro ha. Lui comanda le forze del male e queste gli si sottomettono.
Nei successivi versetti ecco che avviene un' altra guarigione, che può essere sempre inserita nell'ottica della sconfitta del male (la malattia fisica era considerata specchio del peccato e di quella dello spirito). La scena passa dalla sinagoga alla casa e qui la suocera di Pietro è liberata dalla febbre. Il termine usato nelle guarigioni è spesso quello di rialzare i malati, come se Gesù rianimasse i malati prendendoli per mano e riportandoli alla vita. Questa liberazione concede la possibilità di porsi al servizio, fa sì che una volta liberi dal male si possa tornare a fare la volontà di Dio (Mc 1, 31). In queste due scene Gesù sancisce un passaggio fondamentale: dalla sinagoga e dalla logica vecchia dell'insegnamento degli scribi, incapace di fronteggiare il male ma che invece sembra quasi fornirgli nutrimento, si passa alla logica della casa, che sarà poi il simbolo della Chiesa, dove la parola vivente è l'insegnamento di Gesù, che libera chi è oppresso (da notare che Gesù guarisce una donna, richiamandola al servizio al seguito del Maestro e della comunità cristiana, che gli era stato negato in in quanto appartenente al sesso femminile). Al tramonto del sole, quando le limitazioni del sabato terminano, tutti gli afflitti da qualche malattia, gli emarginati della società che cercano ristoro possono recarsi da Gesù e lo trovano nella casa, "alla porta". Qui il Cristo guarisce molti di coloro che erano indemoniati o sofferenti.
Sorge il sole e di buon mattino Gesù si ritira in disparte, in luogo deserto, in preghiera. L'intimo rapporto di Gesù col Padre, vera fonte di salvezza è prerogativa del discepolo: nessuna azione può essere realmente salvifica se non è in accordo con la volontà di Dio. In quella domenica mattina, tutti cercano Gesù, lo vogliono ancora con sé, lo vogliono accanto. La missione di Gesù però non può essere stanziale, non è uno stregone che compie prodigi, un semplice taumaturgo. Tutto ciò che egli fa è segno che Dio si sta manifestando nella storia e non c'è tempo per rimanere fermi: urge andare in tutti i villaggi e nelle sinagoghe per predicare la salvezza che Dio concede al proprio popolo. LA necessità è liberare coloro che sono nella sofferenze, che non riescono a trovare pace, perché il male li attanaglia.
L'alba di una domenica apre l'opera di predicazione di Marco; senza fare troppi spoiler, il vangelo terminerà nello stesso giorno e nel finale ritroveremo questa scena iniziale, ma il lettore potrà allora comprendere il senso profondo di questo racconto.
Gesù è colui che ha il potere di combattere le forze del male, ciò che non è dove dovrebbe essere, per ridare all'uomo la sua dignità originale, per renderlo di nuovo d immagine e somiglianza di Dio.
Il discepolo cerca il maestro che però non sarebbe tale se non in unione con il Padre; nulla potrebbe Gesù, se non fosse il Figlio di Dio. A coloro che leggono il brano è fatta una promessa: i prodigi che compie Gesù, li compirete anche voi, i demoni che condizionano la vostra vita vi lasciano e cadono ai vostri piedi. La vera libertà, che non può che esprimersi che nel servizio all'altro vi è di nuovo concessa: Gesù è colui che rialza chi è caduto a causa del peccato.
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