Il Vangelo di Marco: Chiamati ad essere discepoli (Mc 1, 15-20; Mc 2,13-14; Mc 3,13-19)
Il Vangelo di Marco
Il cammino del discepolo
Chiamati ad essere discepoli (Mc 1, 15-20; Mc 2,13-14; Mc 3,13-19)
Marco ha introdotto la figura di Gesù come colui che era tanto atteso dal popolo e che il Battista sapeva dover venire. L'ha dipinto come colui che ha il favore di Dio, figlio amato e prediletto, che viene a prendere il posto di Giovanni nel compito di riportare gli uomini sulla via della giustizia e del bene. Il battesimo nell'acqua viene elevato a quello in spirito e fuoco. Il Battista ha esaurito il suo tempo e viene arrestato in quanto scomodo perché mette in discussione l'autorità dei potenti. Gesù nel resto del primo capitolo non è da meno: comincia a predicare nella "Galilea della genti" territorio in mano di Erode Antipa, re Idumeo che strizza l'occhio al dominio straniero che quindi favorisce il circolare della cultura ellenico-romana (si può solo immaginare quanto fosse odiato dal popolo giudeo). Terra di commercianti, pescatori, che spesso hanno contatti con i popoli stranieri e che risulta il cuore pulsante delle rotte commerciali della Palestina. In questo contesto così variegato inizia la missione di predicazione di Gesù che annuncia con urgenza che i tempi sono maturi e che non si può più attendere: la buona novella dell'azione di Dio nella storia non può essere più taciuta. Qualcosa di incredibile sta per accadere.
Il luogo dove tutto ha inizio e che avrà un ruolo fondamentale nell'opera è il "Mare", il lago di Tiberiade o "lago della Galilea". Proprio qui Gesù camminando lungo le sue sponde pone lo sguardo verso dei pescatori, che stanno gettando le reti in mare. Due coppie di fratelli attirano la sua attenzione: Simone e Andrea e Giacomo e Giovanni figlio di Zebedeo, i primi intenti a gettare le reti in acqua, gli altri a ritirarle. Quello che colpisce è la facilità con cui Gesù convince i quattro a lasciare tutto e a seguirlo. La promessa che gli viene fatta è di divenire pescatori di uomini. Giovanni e Giacomo lasciano addirittura il padre nella barca con i garzoni, abbandonano le reti e seguono questo misterioso personaggio. Di norma non è il maestro che sceglie i suoi allievi ma loro che decidendo di imitarlo, seguono il suo stile di vita. Gesù invece viene a chiamare gli uomini all'azione, a compartecipare alla salvezza che viene da Dio. L'intento è quello di trasformare coloro che chiama in veri discepoli, inviati (da cui il nome apostolo), in "pescatori di uomini". Qui il simbolismo celato nei termini utilizzati fa la differenza. Ancora riecheggia il tema del profeta Elia, che scelse come discepolo Eliseo (1 Re, 1-19). Il mare, l'acqua in generale rappresenta le forze del male: Gesù si reca al lago, cioè affronta a muso duro il nemico. I fratelli erano intenti a pescare e non si aspettano di dover divenire coloro che salvano gli uomini (tirare fuori dall'acqua un uomo significa rimetterlo nel suo ambiente naturale, al salvo sulla terra asciutta).
La barca, simbolo della chiesa missionaria e apostolica, è lo strumento che permette quest'opera di salvezza e di missione; non a caso Giacomo e Giovanni lasciano quella del padre e li vedremo salire poi su quella di Gesù (Mc 3,7). La chiamata è impellente e costringe a lasciare tutto per questa nuova missione. Non c'è tempo per ragionamenti di convenienza, ne si può guardare al passato o alla tradizione della propria famigli. Solo un nuovo modo di pensare, di agire, una conversione profonda del cuore, può permettere di divenire discepoli del Cristo.
Quelle barche ferme alla riva dovranno essere rimesse in mare per andare a recuperare coloro che annegano.
Questo quadro è riproposto più avanti anche per la chiamata di Levi, il pubblicano (Mc 2,13-14) e nella nomina di tutti i discepoli (Mc 3,13-19) che fanno da apertura ai successivi versetti.
Anche Levi è seduto in riva al mare, è un pubblicano, colui che raccoglie le imposte per i romani e i governatori della provincia. Sulle tasse che raccoglievano spesso questi personaggi facevano la cresta, approfittandosi quindi della loro posizione di potere.
La scena dell'istituzione dei dodici, che avviene invece su di un monte, segno dell'investitura divina che Gesù rivolge loro, riporta l'elenco dei seguaci del Cristo.
Lo scopo di questo piccolo gruppo ristretto e quello di poter avere l'autorità e il diritto di scacciare i demoni e predicare il vangelo, essere i pilastri che combattano le forze del male. Un nuovo Israele, con dei paladini che hanno il compito di essere testimoni della salvezza di Dio. Con questo inciso Marco da al lettore la possibilità di immedesimarsi in questa chiamata. Se scorriamo la lista di coloro che il testo dice "quelli che egli volle chiamare", notiamo tuttavia che ci sono personaggi alquanto ambigui. Simone il pescatore, che viene però rinominato Pietro, un nome con la doppia valenza di chi è saldo come roccia e al tempo stesso completamente ottuso ("sei scemo o mangi i sassi?"). Per non farci mancare niente ecco che i due fratelli introdotti all'inizio, Giacomo e Giovanni, sono soprannominati "Boanèrghes", cioè figli del tuono, un termine poco rassicurante che fa spesso annoverare questi due personaggi tra i combattenti rivoltosi impegnati nei movimenti di liberazione della Palestina ai tempi di Gesù. Seguono poi i nomi degli altri discepoli (ci sono alcuni che nelle liste dei vangeli non combaciano se non con delle identificazioni a volte forzate) e la lista si conclude con due nomi di alto spicco, Simone "il cananeo" o lo "zelota", termini dispregiativi che fanno pensare a movimenti insurrezionalisti che nasceranno qualche anno dopo la morte di Gesù, desiderosi di riportare il regno di Israele al suo splendore cacciando i romani a colpi di spada, e dulcis in fundo Giuda Iscariota, termine che è molto dibattuto dalla critica, colui che tradirà Gesù.
Questi tre incisi fanno da cornice a dei paragrafi che hanno un intento specifico
Mc 1, 15-21 apre la scena di Cafarnao per evidenziare l'autorità di Gesù, colui che è in grado di dominare le forze del male.
Mc 2, 13-14 invece focalizza l'attenzione sulle norme e la legge, facendo di Gesù nuovo depositario di ciò che è lecito, addirittura al punto di decretarsi Signore del Sabato (lo shabbat, festa del riposo assoluto in cui solo poche azioni erano lecite), un' istituzione che ha un carattere divino, ritenuta intoccabile.
Mc 3,13-19 invece fa da introduzione alla vera e propria opera di formazione dei discepoli, sino alla manifestazione di fede che porta alla comprensione di chi sia realmente Gesù di Nazareth.
Così Gesù elegge dei nuovi compagni di viaggio, li istituisce come coloro che riformeranno il regno di Israele, 12 come le tribù originarie, discendenti dei figli di Giacobbe. Il lettore, immedesimandosi nella nella figura di questi soggetti raccolti qua e là per la Palestina, è invitato a intraprendere con loro il viaggio di formazione e conoscenza di Gesù. Marco, con i richiami alle reazioni e ai pensieri dei discepoli, delinea il percorso che dovranno affrontare coloro che vogliono seguire il Maestro.
Oggi, noi che leggiamo il testo lasciato da Marco, abbiamo l'opportunità di entrare in questa dimensione di conoscenza del mistero di Gesù, di essere chiamati al suo seguito. A questa chiamata non si può attendere, non si può titubare, non ci si può sentire inadeguati, troppo peccatori per accettarla.
Gesù volge lo sguardo e chiama il rivoltoso, lo strozzino, l'ottuso, il più incapace che non può nulla contro il male che regna nel mondo e lo trasforma in un difensore, un'ancora di salvezza per chi affonda nelle tenebre della vita.
La sequela di Gesù ci rende Cristiani, realmente pescatori di uomini, guerrieri in lotta contro il male che dilaga, trasforma la nostra stupidità in fede salda e certa. Tutti noi, traditori incalliti, incapaci di rimanere coerenti perfino con noi stessi, siamo chiamati a divenire uomini e donne in grado di essere strumenti di Dio, "fedeli alla sua promessa" .
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