Gesù e le dispute contro i Farisei: Parte prima (Mc 2,1 - Mc 2,17)

 

Il Vangelo di Marco

Il cammino del discepolo

Gesù e le dispute contro i Farisei: Parte prima (Mc 2,1 - Mc 2,17)

Gesù con la guarigione del lebbroso ha dato inizio a un nuovo modo di operare, che finora era considerato inconcepibile: il semplice gesto del toccare il malato va contro ogni norma di purità del tempo, una violazione che contamina colui che compie questo gesto sconsiderato. Essendo la malattia del fisico specchio di quella dell'anima, il lebbroso doveva essere un peccatore incallito e Gesù, anche solo sfiorandolo, si è contaminato con la pena che pende sulla testa del over uomo. Questo pensiero, quasi ossessivo, di dover preservare intatta la purità, seguendo una serie di norme e prescrizioni rigide era tipico del giudaismo del tempo di Gesù. In particolare, nel Vangelo, compaiono tre movimenti principali che si caratterizzano per un canone e delle regole di vita severe. Gli scribi, coloro che studiavano la legge ed erano capaci di dare un giudizio sulla base delle scritture, di cui si fanno custodi e preservatori. Molto spesso nei vangeli sono associati ad un altra setta giudaica del tempo, composta da coloro che interpretavano la legge in modo differente rispetto alla lettura classica di stampo sacerdotale (portata avanti dai Sadducei, discendenti di Sadoc), chiamati Farisei, che sta a significare "separati". Questi uomini colti erano soliti ricavare tutta una serie di norme dalle leggi di Mosè e dalle scritture e avevano un enorme ascendente sul popolo. Riuscivano infatti a stabilire delle credenze e delle regole di vita che non erano in alcuni casi in accordo letterale con le scritture (in questo il principale conflitto con i Sadducei) ma le elaboravano, stilando dei precetti da seguire alla norma, al fine di essere considerati i veri puri, coloro che non sono mai in errore, esenti dal peccato e quindi in qualche modo, separati da tutti gli altri, evidentemente in difetto. 
Sono questa categoria di sapienti che appare in ogni situazione per contestare Gesù, quando è in casa, mentre cammina in mezzo d un campo di grano, in case dei pubblicani, insomma probabilmente lo avranno scovato anche al bagno! Questa esagerazione di Marco è una sorta di finzione letteraria: l'autore crea un palcoscenico dove i due contendenti possano disputare riguardo a dei temi fondamentali, ogni volta introdotti da un personaggio o da una situazione, creando il famoso quadro delle cinque dispute. 

La prima disputa: Il perdono dei peccati (Mc 2,1-12)

La prima scena si pare in casa, a Cafarnao, dove Gesù viene raggiunto da folle oceaniche. Tra i tanti che accorrono alla porta del Signore, in prima fila Marco mette ovviamente alcuni scribi che ascoltano la predicazione del maestro. Talmente tanta è la ressa alle porte della casa che l'accesso è praticamente bloccato. Così accade che un povero paralitico, incapace di camminare se non trasportato in barella, non può accedere alla casa. Questo è il tipico emarginato dalla società del tempo di Gesù, considerato peccatore e punito da Dio per chissà quale peccato, non gli è concesso l'accesso al tempio e non è considerato dalle autorità religiose. Allo stesso modo sembra non essere degno di accedere alla presenza di Gesù. D'altro canto è un paralitico, che te ne fai di uno così, maledetto da Dio? Ecco però che quattro uomini decidendo di portarlo da Gesù nella casa e per farlo non hanno alternativa che calarlo dal tetto, aprendo un buco nel soffitto. Fatto ciò lo calano davanti a Gesù e lui, ultimo di tutti, bloccato fuori, ora è davanti al maestro, anche più vicino dei sommi dottori della legge. Davanti a tanta fede per far entrare nella comunità di Gesù questo povero uomo, il Signore di tutta  risposta non lo guarisce, ma piuttosto gli rimette i peccati. Questo gesto è abbastanza surreale: non solo il paralitico ha fatto tutta questa fatica per essere guarito da Gesù e non ottiene la guarigione, ma il nazareno gli concede un dono che non può dare, gli condona tutta i peccati. Questo è folle, il peccato riguarda Dio e l'uomo, che c'entra Gesù? (secondo la stessa logica non ha alcun senso andarsi a confessare dal prete, è il Signore che perdona mica il sacerdote…). Ovviamente gli scribi pensano esattamente questo e pensano tra loro: " Ma chi si crede di essere questo buffone? Bestemmia, si attribuisce un potere che solo Dio ha!"  Gesù però sa cosa stanno meditando, conosce il loro cuore e subito li sgrida e gli pone una domanda secca: è più facile rimettere i peccati o guarire un paralitico? Ovviamente la domanda è stupida e faziosa, entrambi i gesti sono da attribuire a Dio soltanto. Questo però mette il malato in trappola, in quanto la guarigione no gli può essere concessa ma neanche può essere perdonato e di conseguenza, il suo peccato rimane in eterno. Così, lasciato nella sua condizione di maledetto, viene abbandonato e lasciato a morire, fuori dalla comunità (la casa come la Chiesa, comunità di Gesù). Il problema del lebbroso dei versetti precedenti si ripropone: quel poveraccio, se non guarisce dalla lebbra, rimane emarginato dalla società, ad urlare "Immondo, immondo" e ha trascinarsi come un fantasma, scacciando tutti. 
Gesù però ponendo la domanda in tal modo, mette sotto scacco gli scribi. Certo Gesù non può fare ne l'una ne l'altra cosa, quindi non è più semplice nessuna delle due cose: entrambi sono possibili solo a Dio. Arriva allora il colpo di scena, con la guarigione del paralitico, che viene rimandata a casa con il suo lettuccio, la brandina che lo ha accompagnato finora. Con questo gesto Gesù dimostra agli scribi che lui, il Figlio dell'uomo ha potere di perdonare i peccati. In sostanza, davanti ad un fatto così evidente, non è possibile non riconoscere nel Signore il potere divino, che si esercita sulla terra nei suoi prodigi. Il paralitico, finora passivo rispetto al lettuccio, da cui veniva trasportato, ora divine attivo e lo solleva portandolo con sé.  Gesù ha il potere che solo a Dio è concesso, di rimettere i peccati, e gli viene attribuito per la prima volta un titolo con un significato molto specifico: Figlio dell'uomo. Questo epiteto in generale, come utilizzato nel libro di Ezechiele, ha il significato semplicemente di "uomo", essere umano o un in senso collettivo per "umanità", è ripreso anche dal profeta Daniele e dall'apocalittica (vedi il Libro di Enoch e in particolare nel "Libro delle parabole", opera contemporanea dei Vangeli ) per designare un essere di forma umana ma a cui Dio affida il suo potere e la sua regalità.

Gesù opera con un'autorità più grande, quella divina, che quindi gli permette di perdonare il peccato. Non è quindi Dio ad impedire il perdono dei peccati del pover uomo, ma alla stessa legge che lo condanna. Precludendogli la possibilità di congiungersi a Dio, lasciandolo fuori dal tempio ed escludendo una possibile vita spirituale a quell'uomo, gli scribi gli negano anche la possibilità di riconciliarsi a lui, ponendolo in uno stato di paralisi che oltre che fisica, è soprattutto spirituale/umana. Nella nuova comunità di Gesù non è così: gli uomini aiutano anche l'ultimo degli ultimi a giungere a Dio, nella figura di Gesù, figlio dell'uomo, inviato dal Signore. Il peccato può essere vinto, perché Dio perdona, ma è l'uomo che intercede per i fratelli affinché possano tornare a riconciliarsi con il Padre. 
Al paralitico, per ottenere l'amore di Dio, mancano solo le gambe per muoversi, ma con l'aiuto dei fratelli l'amore del Padre si fa manifesto e il suo peccato sparisce. Invece gli scribi, che si considerano vicini  Dio e privi di peccato, che credono di avere tutte le risposte e di conoscere il senso profondo dell'Altissimo, si ritrovano ammutoliti e incapaci di accettare la misericordia del Signore, perché fuori dai loro schemi e da ciò che conoscono.
 
La seconda disputa: il rapporto con i peccatori Mc 2,13-17)

Abbiamo visto che i farisei e gli scribi mai avrebbero avvicinato il paralitico o il lebbroso, vista la loro condizione di malattia e da chissà a quale colpa fosse scaturita. Tuttavia, i malati non erano gli unici esclusi dalle attenzioni delle autorità di Gerusalemme. C'è infatti una classe di peccatori, non necessariamente segnati da patologie evidenti che erano considerati feccia, secondo Cicerone alla stregua degli accattoni e dei ladri e per la Mishnah (la Torah orale)  addirittura degli omicidi. Tali soggetti erano i pubblicani, come Levi, il discepolo che chiama Gesù, ai quali era affidato il compito di riscuotere le tasse in nome dei governatori, spesso esigendo un prezzo più alto per poter fare la cresta. Dato che le imposte andavano ai regnanti stranieri, il popolo giudeo era più che felice di donare a questi strozzini i pochi soldi che potevano raccogliere, anche di indebitarsi fino alla morte con questi gentili funzionari (nota ovviamente ironica). Questi soggetti, oltre a sottoporre a dura prova le tasche degli Israeliti, erano considerati dei soggetti disgustosi, perché avendo a che fare con dei pagani, abitanti dell'impero che non erano giudei, finivano per violare una marea di regole prescritte dai maestri della legge e vivevano in continua situazione di peccato (anche solo per il maneggiare monete straniere).  Quando Gesù chiama Levi a seguirlo, lo segue a casa e pranza con lui. Dal Vangelo sembra che questo mangiare con i peccatori e con i pubblicani fosse pratica abbastanza frequente del Signore, cosa che ovviamente non sfugge agli occhi inquisitori dei farisei. 
Quindi, zelanti come al solito, con l'intento di fare il bene del prossimo, vanno dai discepoli di Gesù e gli dicono con forte spirito di misericordia: " Perché vi pranzate con quei tipi, che non osservano nessuna norma di purità, che mangiano e bevono cibi impuri, che non osservano le oblazioni prima dei pasti, che non si esentano di lavorare di sabato, che non rispettano i precetti di preghiera e dei sacrifici e opprimono il popolo?" Come non dargli ragione? Se Gesù è un maestro della legge, colui che ha l'autorità di esprimere la volontà e la sapienza di Dio, come può non essere il primo a seguire alla lettera tutte le prescrizioni che il Signore ha donato? Con che diritto si erge a essere il buon pastore, che può guidare il popolo disperso di Israele (Isaia 40,11; Ezechiele 37,24)? Gesù però di nuovo li fa rendere conto della stupidità delle loro argomentazioni, con una affermazione semplice: " Non sono i sani ad avere bisogno del medico ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti ma i peccatori." In sostanza, Gesù si rifà ad alcune espressioni presenti nei profeti. 

Zaccaria 11,16 "Poiché ecco, io susciterò nel paese un pastore, che non avrà cura di quelle che si perdono, non cercherà le disperse, non curerà le malate, non nutrirà le affamate; mangerà invece le carni delle più grasse e strapperà loro perfino le unghie."


Ezechiele 34,12 "Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine."

Se il pastore ha un compito è quello di radunare le pecore smarrite, che rischiano di finire preda delle belve,  non guardare quelle che sono rimaste nel recinto. Così, un maestro della legge è considerato una guida, un esempio ed un benefattore quando fa il bene che è necessario, non quando agisce compiendo ciò che è superfluo. I dottori della legge si separano dal male, lo evitano così da sentirsi giusti, ma sono in errore, perché non fanno il bene. Un medico non può esimersi dal guarire i malati, non può gioire solo di chi è sano, scacciando i malati. Guarire i malati è un compito che non può essere trascurato. Gesù è venuto per compiere il volere del Padre, pere redimere l'umanità dal male continuo che l'affligge e per farlo non ha altro modo di farsi prossimo a chi sperimenta dolore, miseria, disperazione, sofferenza. 
Non è un giustificare il peccatore, né un condannarlo, ma un rendersi prossimo, per mostrare l'amore di Dio a chi non lo conosce. Mentre i maestri della legge condannano le opere di Gesù, si stanno condannando per le loro mancanze e non si rendono conto della loro indifferenza. In fondo, se non si è malati, non c'é nulla che non va e quindi si può dormire sogni tranquilli, ripetendoci che non è un problema. Tuttavia, solo chi davanti al male decide di combatterlo e di non restare indifferente salva il mondo e lo risana.

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